Soluzione spagnola per i contratti di lavoro italiani? Così pensa Schlein

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Di Pierantonio Rumignani, PD Berlino e Brandeburgo

Didascalia: Le parti sociali il giorno della firma dell’accordo sulla “reforma laboral” del 2021. In primo piano il presidente del governo, Pedro Sanchez, a destra la ministra del lavoro, Yolanda Díaz

Uno dei temi toccati sovente da Schlein durante la campagna elettorale è stato quello dell’introduzione anche in Italia di regole che riducano la possibilità dell’uso dei contratti a tempo determinato rendendo di default quelli a tempo indeterminato così come è avvenuto in Spagna con l’approvazione della “Reforma laboral” (l’ennesima: circa una trentina di provvedimenti legislativi si sono succeduti dalla fine degli anni settanta) a ridosso del Capodanno con il Real Decreto-ley 32/2021 del 28.12.2021. Ragione della fretta era quella di arrivare in tempo per assicurarsi l’utilizzo di 10 dei 140 mrd di euro del fondo NextGenerationEU destinati al paese iberico.

L’accordo tripartito tra le parti sociali, caso raro nel passato (l’ultima volta fu nel 2006 in un’occasione significativamente meno importante), fu siglato dopo lunghe ed estenuanti trattative e coronato dall’assenso finale delle varie organizzazioni sul filo di lana dopo l’astensione di una parte di quelle padronali mentre gli organi deliberanti delle parti sindacali principali (CCOO e UGT) si espressero all’unanimità. L’approvazione della legge a pochi giorni di distanza in Parlamento avvenne con lo scarto di un solo voto (175 contro 174) al termine di furiose contestazioni a causa di errori tecnici avvenuti in fase di votazione.

Data l’importanza della legge al fine di dare una struttura più stabile ai rapporti di lavoro riducendo il fenomeno del precariato è interessante esaminare gli aspetti salienti della riforma spagnola e i risultati acquisiti finora in modo da avere un’indicazione sull’opportunità di un’applicazione anche nel nostro paese. A questo proposito è bene ricordare che la Spagna si contraddistingue storicamente per un alto tasso di disoccupazione (attualmente a circa il 13%) e una bassa frequenza dei contratti a tempo indeterminato (vedi grafici), ancor più dell’Italia – ragione in più per prestare attenzione ai dettagli delle misure in materia di lavoro introdotte in tale paese.

A parte altri aspetti, anch’essi importanti, relativi fra l’altro a una revisione dei contratti formativi, alle frodi in materia di lavoro (tra cui: false dichiarazioni di lavoro autonomo), all’aumento del salario generale minimo al 60% di quello medio spagnolo (SMI – “salario minimo interprofesional” ora fissato per il 2023 a € 1.080/mese) nonché alla cancellazione di misure introdotte dal governo Rajoy nel 2012 quali la subordinazione dei contratti nazionali a quelli aziendali, la limitazione a un anno della loro efficacia temporale oltre la scadenza in mancanza di nuovo accordo (la cosiddetta “ultraactividad”, ora nuovamente illimitata) e l’assoggettamento dei subcontratti al contratto nazionale del subcontrattante, la parte centrale della legge delega è dedicata a un riordino della contrattualistica del lavoro.

Con la nuova legge è stato introdotto il principio secondo il quale il contratto di lavoro sia per definizione a tempo indeterminato a meno di situazioni definite che permettono l’utilizzo di accordi a termine ora ristretti a due soli tipi avendo abolito il contratto d’opera (“por obra y servicio”): a- per motivi di sostituzione di altri lavoratori su base temporanea e b- per motivi strutturali con due varianti, ovvero per temporaneo fabbisogno “prevedibile” di breve durata o “imprevedibile” per improvvise necessità dell’impresa come picchi della produzione. È qui da notare l’esplicita intenzione del legislatore di contenere la tipologia contrattuale.

La durata dei contratti a termine è stata significativamente ridotta così come il numero dei loro possibili rinnovi: il primo tipo di cui sopra a una durata complessiva di 90 giorni in un anno, anche non consecutivi, e il secondo a una durata massima di 90 giorni rinnovabile più volte fino al massimo totale di un anno. È interessante ricordare che il precedente contratto d’opera poteva essere rinnovato fino a una durata totale di ben tre anni, quattro in determinate circostanze.

Come chiave di volta di tutta l’architettura si considera dipendente fisso il lavoratore che negli ultimi 24 mesi è stato impiegato per almeno 18 mesi (precedentemente: 30 e 24 mesi rispettivamente).  

Per quanto riguarda la formazione si prevedono solo due tipi contrattuali. Il primo di carattere duale (“formativo en alternancia” di lavoro e istruzione) e di durata da tre mesi a due anni con limite di età per il percettore a 30 anni (precedentemente: 25) e il secondo “per l’ottenimento di pratica professionale” con una durata massima di un anno (precedentemente: 2).  

I dati relativi alla disoccupazione, in leggera riduzione dal 13,3% nel dicembre 2021, all’epoca dell’approvazione della legge, al 13% lo scorso gennaio, e quindi senza i pesanti aumenti paventati dall’opposizione sembrano dare ragione al governo spagnolo dopo che il rapporto tra nuovi contratti a tempo determinato e quelli a tempo indeterminato ha subito una radicale riduzione dal 90% circa al 50 – 60% in seguito all’introduzione della nuova legge di riforma. La percentuale dei contratti a tempo indeterminato in essere sul totale dei contratti ha raggiunto ultimamente quasi l’80% con un aumento di circa quattro punti percentuali in un solo anno.

È da segnalare che la spinta del mercato del lavoro verso la conclusione di contratti a tempo indeterminato è facilitato dalla legittimità in Spagna del licenziamento per giustificato motivo oggettivo (“despido objetivo”) dovuto a cause “economiche, tecniche, organizzative o della produzione” (art. 52, Estatuto de los Trabajadores) ove esse, tranne la prima, non sono collegate di necessità a una situazione di crisi del datore di lavoro e sono sufficienti a giustificare il licenziamento che quindi non risulta “abusivo” se determinate forme e condizioni sono rispettate. In tale caso il licenziamento è legittimo (“procedente”) e il lavoratore ha diritto a un risarcimento che dipende dalla sua anzianità di impiego secondo uno schema a tutele crescenti. Ma anche quando le condizioni non sono rispettate e il licenziamento è pertanto giudicato illegittimo (“improcedente”), il datore di lavoro ha la scelta tra la reintegra e il pagamento di un indennizzo salariale ulteriore da corrispondere al lavoratore per il periodo della sua disoccupazione fino alla sentenza del tribunale o, se precedente, a una nuova occupazione (cosiddetto “salario de tramitación”).

Non vi sono attualmente discussioni in Spagna su un ampliamento dell’applicazione della reintegra che è obbligatoria solo nel caso di dichiarazione di nullità del licenziamento per atto discriminatorio o attentato contro diritti e libertà fondamentali della persona. Le richieste sindacali (un ricorso del sindacato UGT è al momento pendente presso il Comitato europeo dei diritti sociali riguardo al licenziamento improcedente) riguardano in prevalenza l’ottenimento di più alti indennizzi per il lavoratore, che il governo Rajoy portò nel 2012 a 20 giorni di salario (33 nel caso improcedente) per ogni anno di anzianità con un massimo di 12 anni. Si tratta effettivamente di valori decisamente inferiori a quelli applicati in genere in Italia (un salario mensile per anno di anzianità aziendale con un massimo di 36 anni e un minimo di 6).

Pur essendo ancora presto per un giudizio compiuto sui benefici dall’introduzione in Spagna dell’obbligatorietà del contratto a tempo indeterminato, salve situazioni ben definite e relativamente ristrette, si può concludere sulla base dei dati finora disponibili (per quanto in mancanza di informazioni sull’andamento dei litigi) che un miglioramento apprezzabile della protezione del lavoratore dipendente possa essere atteso e che sia più che opportuna una riflessione in merito anche nel nostro paese. Da considerare pure è la semplificazione della tipologia dei contratti come perseguito in Spagna con beneficio anche per le funzioni di controllo del mercato.