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La destra italiana ha sempre sostenuto la Russia di Putin e dovrebbe essere ritenuta responsabile per le proprie decisioni politiche

Di Federico Salvati, PD Berlino e Brandeburgo

In Italia abbiamo un problema di politica estera. Il paese capisce male e discute peggio le questioni estere. Diplomaticamente l’Italia è ancora un paese di un certo riguardo, l’apparato burocratico è solido e funziona abbastanza bene. Dal punto di vista tecnico non mancano le occasioni di sentirsi persino orgogliosi dell’operato istituzionale (che recentemente diventano sempre più rari).

Sentire il dibattito politico-culturale italiano in temi esteri è però come bere acqua salata. Più se ne ingerisce e più ci si ritrova assetati e insoddisfatti perché narrative bizzarre e contrastanti molte volte creano ancora più confusione e incertezze invece di rassicurare gli spettatori.

Stessa cosa con la leadership politica. Quando si guarda alle posizioni politiche sullo spettro partitico, ci si aspetta di vedere come le varie opzioni del mercato elettorale prospettino un ventaglio di possibili evoluzioni future della nostra linea e strategia estera. Al contrario, ci si imbatte in rocamboleschi salti di schieramenti che farebbero invidia al Cirque du Soleil.

È il caso della linea politica tenuta nei confronti di Mosca dalla destra italiana. L’Italia è un paese atlantista sia per tradizione che per necessità. Essendo una cosiddetta “media potenza”, la nazione ha bisogno di una politica multilaterale per restare politicamente rilevante. Sebbene i rapporti con Mosca, quindi, abbiano rappresentato una necessità sia dal punto vista economico che politico, la natura di questi rapporti ha continuamente diviso le posizioni progressiste e di sinistra da quelle più conservatrici e di destra.

Contrariamente agli anni della guerra fredda, oggi è la destra Italiana che simpatizza e guarda con interesse alla Russia. In qualità di “esperti della geopolitica”, personalità della (estrema) destra culturale italiana come Diego Fusaro, Daniele Scalea e Tiberio Graziani hanno promosso negli anni passati le idee di autori come Alain de Benoist, Yves Lacoste, Stefan Breuer (studiosi che oggi costituiscono i padri fondanti dell’ideologia populista della destra europea) ma soprattutto quelle di Alexander Dugin, noto ideologo del regime putiniano. Conseguentemente, il dibattito culturale nella destra in Italia, prima dello scoppio della guerra in Ucraina, non ha mai negato di guardare alle posizioni conservatrici nella politica russa come un modello di riferimento per lo sviluppo politico del paese Italia.

Dal momento che, come si suol dire, la mela tende a non cadere molto lontano dall’albero, si nota che la leadership emergente da questo dibattito culturale non poteva avere delle opinioni molto critiche nei confronti del regime politico russo.

Oggi tre su tre dei candidati leader del polo della destra italiana (Berlusconi, Meloni e Salvini) hanno avuto in passato posizioni di aperta simpatia nei confronti della Russia.

Non c’è bisogno di ricordare i rapporti di Berlusconi con il presidente Putin. L’ex Presidente del Consiglio fino a qualche anno fa lodava il capo del Cremlino come un “vero liberale e democratico”. Silvio Berlusconi è stato il perno geopolitico della strategia russa nel nostro paese. Fonti diplomatiche americane (Relazione Spogli) e fonti accademiche (Anton Shekhovtsov) hanno affermato che il Cavaliere e le persone intorno a lui si siano arricchite tramite provvigioni e percentuali legate alle forniture energetiche russe in Italia traendo profitto personale da una politica che ha incatenato il paese alla dipendenza dalla Russia.

In modo analogo, Giorgia Meloni, all’indomani della crisi Ucraina del 2014, si vantava di posizionarsi contro le sanzioni alla Russia perché “folli e irrazionali”. I richiami ai valori conservatrici e reazionari sostenuti da Mosca sono stati sostenuti da Fratelli d’Italia e sono rimasti costanti in questi anni. Inoltre, FdI è stato in passato apertamente accusato di aver accettato donazioni provenienti dalla Russia e da altri gruppi esteri, simpatizzanti delle posizioni populiste di destra.

La punta di diamante nella questione russa resta tuttavia Matteo Salvini. Numerose sono le prove che testimoniano i rapporti diretti dei quadri della Lega con Mosca (esempio fra tutti, il caso Savoini). Oltre a ciò, il programma elettorale della Lega del 2018 (Pagina 22) affermava che la Russia non costituirebbe una credibile minaccia militare, bensì un potenziale partner per la Nato e l’Ue. Si invocava addirittura un rovesciamento della lealtà ai vertici atlantisti e un approfondimento dei rapporti con Mosca, il cui intervento in Europa avrebbe, secondo il Lega-pensiero, aiutato a stabilizzare lo scenario politico.

All’indomani della guerra in Ucraina, tutti i leader della destra italiana hanno dichiarato a gran voce la propria fede nell’atlantismo e nei valori occidentali, prendendo dunque le distanze dal regime putiniano. Giorgia Meloni si è persino guadagnata le attenzioni non esattamente positive del giornale russo di regime Pravda, su cui venne pubblicato un articolo che denunciava l’inversione a “u” della capa dell’esecutivo nazionale di Fratelli d’Italia. L’autore dell’articolo definì la scelta della Meloni “la via dell’abisso”, in base alle dichiarazioni pro-atlantiste della stessa.

Vale il detto che chi non cambia mai idea non sia necessariamente una persona di cui prenderemmo ad esempio le capacità intellettive. Ognuno ha il diritto di evolversi e, riguardando a posizioni e scelte passate, dichiarare di aver preso un abbaglio. Le opinioni mutano e il fatto non è intrinsecamente sbagliato. Oggi, tuttavia, alla vigilia delle elezioni nazionali italiane siamo chiamati a scegliere i nostri rappresentati per la loro capacità di giudizio su fatti politici. Andando alle urne, dobbiamo quindi porci una domanda specifica: è possibile accettare che la destra italiana ricusi senza conseguenze due decenni di posizioni apertamente filo-putiniane liquidando il tutto con: “scusate, abbiamo preso un abbaglio”? Non dovremmo, invece, ritenere questi signori (e signore) responsabili politicamente per aver sostenuto con così tanta convinzione la leadership violenta e criminale di un paese estero in nome del proprio arrogante e ammiccante realismo? Desideriamo veramente che a questi cittadini sia dato il compito di esercitare discrezionalità politica sulle decisioni fondamentali che il paese aspetta? A mio parere, non dovremmo. Mi aspetto una qualche forma di responsabilità per l’operato politico portato avanti per due decenni dalla destra italiana, con coerenza e costanza. Rimane il fatto che l’Italia, contrariamente alla Russia, è un paese libero che permette a ciascuno di formulare il proprio giudizio politico e morale, votando di conseguenza.

Buone votazioni a tutte e a tutti!