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Il Pnrr: un’occasione per FdI e compagnia per sparigliare le carte in Europa

Di Pierantonio Rumignani, PD Berlino e Brandeburgo

Non vi è dubbio che un governo italiano in mano alla coalizione di destra-centro si darà un ruolo ben diverso in seno all’Unione europea rispetto al precedente. Sarà un ruolo antagonistico verso la Commissione e la sua tradizione europeista, più in sintonia con le posizioni di partiti come Fidesz o PiS. Come questi una coalizione di destra-centro cercherà di trovare punti di attacco per affermare la propria posizione di rottura. Uno di questi sarà prevedibilmente il Pnrr nell’ambito del New Generation EU.

Considerato il peso del nostro Paese il danno per l’Europa e il suo processo di aggregazione, già in fase di forte rallentamento e incertezza dai referendum costituzionali con esito negativo del 2005, minaccia di essere notevole. Per l’Italia la ripercussione potrà essere ancora più grave: in primis per il possibile aggravamento della situazione dell’Unione, e in secondo luogo per la possibilità di perdita, almeno parziale, dell’accesso ai fondi del Next Generation EU ammontanti a quasi 200 miliardi di euro. Questi fondi sono essenziali per un restart del paese, da anni in fase di declino economico e sociale, non essendo facilmente sostituibili da fonti finanziarie autonome a causa della situazione finanziaria caratterizzata da un forte livello di indebitamento.

Le recenti professioni di atlantismo della Meloni e i suoi toni solo apparentemente concilianti non dovrebbero trarre in inganno. Le dinamiche dialettiche interne del suo partito insieme con quelle della Lega e la doppiezza degli atteggiamenti di FI non permettono atti di particolare fiducia nei confronti della coalizione di destra-centro. I legami con i rispettivi partner europei di chiara impronta autoritaria e sovranista non potranno non avere influenza sulla politica seguita.

Dobbiamo sperare di non dovere dire fra non molto tempo, come alcuni hanno dovuto fare quando si è trattato di “tipi” come Trump, “l’avevamo previsto”. E non dobbiamo illuderci: prima dell’Italia, che figura solo apparentemente e di facciata in cima alle priorità, viene il trio Meloni-Salvini-Berlusconi con le loro corti.  

Chi desidera sapere di più in merito alla situazione e le prospettive attuali del Pnrr può proseguire nella lettura qui di seguito.

Gli interventi di Giorgia Meloni sul tema del Pnrr (1) si sono moltiplicati ultimamente. Si tratta di un terreno che vedrà verosimilmente aumentare la tensione con la Commissione europea in caso di governo di destra-centro. La nota allergia della sua coalizione verso l’UE, espressione della particolare visione culturale delle due componenti principali con perno nel sovranismo, susciterà confronti e il Pnrr offrirà un terreno in potenza particolarmente fertile – un autentico invito per chi cercasse un punto di attacco.

Già in occasione delle votazioni in Parlamento FdI non appoggiò il piano astenendosi ogni volta, con una sola eccezione di importanza secondaria (2), ma portando avanti un discorso tanto generico quanto fortemente critico segnalando un’avversione radicata che avrebbe dovuto significare nella logica palla nera se un voto negativo non avesse esposto troppo il partito quando il mondo intero o quasi si mostrava favorevole. Carlo Fidanza, esempio esemplare, proiettò il rischio di “un diluvio di tasse” e “il ritorno dalla finestra delle regole dell’austerità” nel suo intervento del 9 marzo 2021 al Parlamento europeo in occasione dell’approvazione del Next Generation EU. Si trattò in verità di osservazioni assai sorprendenti e provocatorie verso l’Unione dato che ben il 36% dei fondi di Next Generation EU destinati all’Italia sono a fondo perduto e che il resto verrà concesso sotto forma di prestito a condizioni ben più favorevoli di quelle alle quali l’Italia può rifinanziarsi sul mercato e che riparano fra l’altro il Paese da possibili e pericolose capriole dello spread.

Le prossime elezioni hanno permesso di ritornare sul tema del Pnrr. Come la carta carbone il programma del destra-centro riprende fedelmente la posizione di FdI e mette in conto una “revisione del Pnrr in funzione delle mutate condizioni, necessità e priorità”. In che direzione si intenda andare rimane tuttora nel vago secondo lo stile già noto.  In ogni caso si richiama un “efficientamento dell’utilizzo dei fondi europei con riferimento all’aumento dei costi dell’energia e delle materie prime”. Di fronte a osservazioni della Meloni a Cernobbio in cui “ ha parlato esplicitamente di diversione di una piccola parte di fondi a sostegno di misure quale il disaccoppiamento del prezzo dell’elettricità dal prezzo del gas a livello locale in aiuto dei consumatori italiani” (segnalazione Reuters del 04.08.2022) già da varie parti si sono espressi avvertimenti a non utilizzare fondi del Dispositivo per la ripresa e la resilienza per fini diversi da quelli previsti, ad esempio al fine di ridurre il costo delle bollette che sono da affrontare con altri strumenti.

Sulla base di quanto si può leggere nelle dichiarazioni dei destrogiri (così chiameremo d’ora in poi per semplicità gli aderenti alla coalizione di destra-centro) l’obiettivo apparente si concentra al momento sul settore della “Transizione verde” del Pnrr (3) – che ha come obiettivo nell’ambito del programma di Next Generation EU il raggiungimento della neutralità climatica entro il 2050 (4) – spostando il discorso sulle infrastrutture energetiche aprendo ad attività di investimento nel fossile e nel nucleare, quest’ultimo tema particolarmente caro a Lega e FI. Non a caso G. Fazzolari di FdI ricorda esplicitamente che “Il Pnrr nasce in un momento storico diverso, con una pandemia cui far fronte ma prima della guerra e dell’emergenza energetica” (5). Occorre qui tenere ben presente che tale tema è da vedere logicamente distinto da quello della profonda modifica dei prezzi assoluti e relativi delle fonti di energia nonché del forte aumento dei costi di costruzione cui stiamo assistendo in questi mesi. L’ex presidente della Commissione Finanze C. Borghi (Lega) afferma: “Non è che è un capriccio cambiare il Pnrr, la voce mutata delle materie prime rende irrealizzabili le opere già inserite fra quelle finanziabili”. Stiamo in guardia: i destrogiri amano cumulare i due argomenti in uno in modo da attribuire, grazie al secondo, un senso di ineluttabilità della revisione del Pnrr e con essa surrettiziamente un cambio di rotta nelle scelte in materia di scelta tra le fonti energetiche.

In ogni caso occorre mettere in evidenza le scelte nel campo dell’energia che i destrogiri intendono prevedibilmente perseguire, in primis: investimento nel nucleare, fonte energetica ritenuta inopinatamente meno costosa di quelle rinnovabili (6), e rafforzamento del ricorso alle fonti fossili disponibili domesticamente con accento sulle sorgenti di gas (i “pozzi di gas” volentieri citati dalla Meloni) malgrado la loro assoluta modestia e scarsa rilevanza nel bilancio globale – Italy first! Senza addentrarsi qui nel merito del nucleare è bene sottolineare che tale impostazione è chiaramente in collisione con l’approccio attuale europeo come evidenziato dallo European Green Deal e il piano REPowerEU adottato nello scorso maggio dalla Commissione. Ciò non potrebbe che rendere ulteriormente problematica se non disperata una rinegoziazione del Pnrr. 

In merito alla posizione dei destrogiri, meloniani o meno (la Meloni ha assunto una posizione prudentemente favorevole sul tema del nucleare rimandando fra l’altro curiosamente all’ipotesi della fusione nucleare, una tecnologia ancora in fase di sviluppo e lontana decenni da un possibile ma ancora assai incerto impiego: “Il nostro grande obiettivo rimane la fusione nucleare, tecnologia straordinaria sulla quale l’Italia, attraverso Eni, è messa in una posizione importante”), si vuole qui osservare e contestare:

  1. Se è vero che il l’art. 21 del regolamento del Next Generation EU, a cui essi si richiamano per forzare la mano, permette in via eccezionale a uno stato membro in caso di impossibilità di realizzare i piani programmati di chiedere una loro modifica dietro motivazione, è anche vero che il riferimento riguarda in realtà singoli stati. Il significato è chiaro: il caso non riguarda la comunità intera degli stati europei ma uno solo che è in difficoltà per proprie “circostanze oggettive”. Qualora il problema interessi tutta la comunità altri processi sono da iniziare coinvolgendo in una discussione e negoziazione collettiva. I destrogiri sostengono la necessità di un’azione isolata italiana, impresa temeraria per il suo carattere dirompente per l’Europa e ad alto rischio per il nostro Paese.
    È difficile immaginare che queste considerazioni assai evidenti siano sconosciute ai destrogiri e ciò suggerisce di vederle collegate a un’intenzionalità cosciente al fine del perseguimento di obiettivi politici su cui è opportuno riflettere.
  2. A maggiore ragione si può immaginare quanto difficile e incerto per l’Italia possa risultare un tentativo di “rinegoziare” (questo è il termine impegnativo usato nel programma della coalizione di destra-centro – non siamo nell’ambito di correzioni o miglioramenti!) il Pnrr con le autorità EU e quanto arrischiate siano state le azioni che hanno portato alla fine del governo Draghi accrescendo la pressione delle scadenze semestrali legate alle erogazioni dei fondi del Next Generation EU. Un loro mancato rispetto comporterebbe la perdita del diritto a ricevere parte dei fondi, una perdita secca per un paese come il nostro a corto di risorse finanziarie. In questo semestre è in gioco una rata di € 20 miliardi, per cominciare.
  3. Nel pieno delle turbolenze di mercato è sconsigliabile procedere, come sembrano pronti a fare i destrogiri, a una riformulazione di un piano complesso come il Pnrr allorché i prezzi sono sfalsati prepotentemente da uno shock dal lato dell’offerta. Una tale operazione, qualora necessaria, va fatta una volta che la situazione si sia stabilizzata – tra l’altro dopo una discesa dei prezzi delle materie prime calmierati dallo stesso mercato che ritrova un suo equilibrio.
  4. Alla base di una prevedibile contesa in ambito UE sul tema dell’approvvigionamento energetico nel quadro di un processo di decarbonizzazione dell’economia è anche una diversità di valori che non potrà non interessare altre aree del Pnrr.  Una volta creato un vulnus nello strumento del Next Generation EU apparirà logico e allettante per i destrogiri allargare l’azione in altri contesti congiuntamente con gli alleati naturali dei raggruppamenti illiberali al Parlamento europeo di “Identità e Democrazia” e del “Gruppo dei Conservatori e Riformisti” senza dimenticare i cani sciolti come Fidesz.  

È evidente che un voto per la coalizione di destra-centro è un voto contro l’Europa.

  • Per una presentazione power-point completa del Pnrr sul portale ufficiale del progetto (Italia domani):  ://efaidnbmnnnibpcajpcglclefindmkaj/https://www.mef.gov.it/inevidenza/2021/article_00060/Presentazione-Master-PNRR-PMST2021920STLM03-3.pdf
  • relativa all’approvazione del fondo parallelo React-EU, € 13 mrd a incremento del Fondo Regionale per lo Sviluppo
  • PNRR: Settori di intervento:
 € mrd      %
Transazione digitale 40,3 21,0%
Transizione verde 59,5 31,1%
Infrastruttura per mobilità sostenibile 25,4 13,3%
Istruzione e ricerca 30,9 16,1%
Inclusione e coesione 19,9 10,4%
Salute e resilienza 15,6 8,1%
TOTALE 191,5 100,0%
     
  • https://europa.eu/next-generation-eu/make-it-green_en
  • La Repubblica, 04.09.2022, articolo di E. Lauria
  • Vedi il corposo studio commissionato dal Partito dei Conservatori e Riformisti, cui FdI appartiene oltre, tra gli altri, al PiS polacco, lo spagnolo VOX, i Democratici Svedesi: “Road to Climate Neutrality”, gennaio 2021