1

Convegno PD Berlino sulle politiche sociali e figura dell’anziano nelle migrazioni

Un grande successo il nostro primo convegno sulle politiche sociali e la figura dell’anziano nelle migrazioni, organizzato presso la sede SPD di Berlino, con i saluti di apertura di Heidemarie Fischer, Presidentessa del gruppo AG 60+ della SPD berlinese e poi con gli interventi di esperte ed esperti sindacali, italiani (Lara Galli della INCA CGIL e Katia Squillaci di Ital/Uil) e tedeschi (Rolf Wiegand, Ver.Di), professori universitari (Edith Pichler e Klaus Henning dell’Università Potsdam), e il Segretario Generale della FERPA, dott.ssa Carla Cantone.

La giornata è stata intensa e ricca di riflessioni, proposte e suggerimenti che abbiamo consegnato nelle mani della dott.ssa Nadia Montagnino, referente per le politiche sociali presso l’Ambasciata italiana a Berlino e al Segretario Generale della Ferpa, dott.ssa Carla Cantone.

Si tratta, come ho spiegato nei saluti di apertura e a chiusura, non di un punto di arrivo ma di partenza. Attraverso questo convegno abbiamo tracciato un perimetro d’azione. Svilupperemo, grazie a un gruppo di lavoro ad hoc, già costituito, una serie di proposte e analisi con l’obiettivo di migliorare le politiche sociali non solo a livello nazionale, ma in una prospettiva europea. La vera grande sfida di oggi.

La questione, come è emerso dalle discussioni, non è naturalmente limitata alla figura dell’anziano, poiché tutto è connesso. Come ha affermato Carla Cantone, infatti, non ci sono politiche sociali per gli anziani se non si discute anche delle problematiche dei giovani. La collaborazione intergenerazionale è un elemento chiave del lavoro che sigle sindacali, gruppi di interesse e partiti politici dovrebbero, insieme, perseguire.

Sono particolarmente orgoglioso di questo risultato e di questo lavoro che si andrà sviluppando nei prossimi mesi. C’è bisogno di tornare a una politica che guardi alle cose concrete, che si faccia portatrice di un cambiamento reale e positivo, che sia coraggiosa e inclusiva. Noi daremo il nostro contributo, piccolo, ma credo fondamentale per smuovere le cose.

A giorni produrremo un documento in format digitale che mette insieme quanto emerso e ne daremo diffusione.

Di seguito le foto dell’evento.

A tutte e a tutti un caro saluto
Federico Quadrelli
Segretario PD Berlino e Brandeburgo




Quale futuro per la relazione tra il PD ed il Partito socialista italiano?

La velocità del Governo Renzi e della sua narrazione non ha precedenti in Italia, e forse per questo le elezioni del 2013 e la coalizione Italia Bene Comune sembrano cosi’ lontane nel tempo che quasi le abbiamo dimenticate.
Pero’ Bersani non dice qualcosa di infondato, in vero, quando ricorda a Renzi che l’attuale Governo si regge sui voti parlamentari usciti dalle elezioni del 2013. Più qualche altro appoggio sopravvenuto e necessario.
E’ infatti con l’allora segretario Bersani che il PSI di Riccardo Nencini aveva stretto un’alleanza elettorale, assieme a SEL di Nichi Vendola, per fronteggiare la destra e l’arrembante Grillo.
Sappiamo come finì, il PD di Bersani non vinse e non convinse, Grillo fece un’exploit mai visto prima nella Seconda Repubblica, ma neanche nella prima in vero, e Berlusconi poté dire di non aver poi perso cosi’ malamente.

Un pareggio che mise di nuovo tutto nelle mani del Presidente della Repubblica che, soprattutto spaventato dalla crescita improvvisa del movimento antisistema di Grillo, individuò in Letta il Premier di garanzia, sostenuto in modo bipartisan sulla scia delle Grande Coalizioni europee tese a fronteggiare il pericolo di partiti nati sulla rabbia e sull’emotività.

Il Partito Socialista Italiano non si tirò indietro e, con senso di responsabilità e facendo fede all’originario patto stretto con il PD, Italia Bene Comune, votò la fiducia al Governo Letta, seppur non partecipando al Governo.

Sappiamo poi che ci fu un avvicendamento alla Segreteria del PD con Renzi che, vincendo le primarie, sostituì il non perdente Bersani e, di li a poco, sostituì a Palazzo Chigi l’ancora fresco Premier Letta.

Il Partito Socialista Italiano individuò in Renzi la spinta riformista che costituisce il DNA del socialismo liberale italiano e votò senza dubbio alcuno la fiducia al Governo Renzi, di cui entrò a far parte con il suo Segretario Riccardo Nencini in qualità di Viceministro alle Infrastrutture, incarico ancora ricoperto.

Renzi ridusse le distanze tra PD e PSI quando decise di traghettare il PD nel PSE – Partito del Socialismo Europeo, filone ideologico politico socialista democratico incardinato nella storia d’Europa e nel Parlamento Europeo.

Volori come giustizia sociale, liberalismo, stato di diritto, diritti civili, crescita economica, stato sociale, meritocrazia costituiscono le fondamenta del socialismo europeo e li ritroviamo nella storia del socialismo italiano dapprima, da Turati a Rosselli a Matteotti da Nenni a Pertini e Craxi, e nel PD di Renzi oggi.
Un PD che ha trovato una sua identità italiana nella velocità e nel riformismo renziano ed una sua identità europea nell’adesione al PSE a Bruxelles.

Il supporto del PSI al Governo Renzi è fondato sulla condivisione dell’analisi della realtà italiana, bloccata da corporativismi, lentezze burocratiche e conflittualità endemica, e sulla proposizione di soluzioni pragmatiche ed ambiziose, all’altezza di un grande paese con una grande potenzialità.

A cosa serve il piccolo PSI accanto al grande e forte PD é la domanda che sorge spontanea.

La qualità del pensiero socialista italiano, riformista e liberale dai tempi di Nenni, è stata per anni il software della sinistra italiana divisa nei due assi della Guerra Fredda, ed ancora oggi può offrire idee e passione per affrontare e vincere, in Italia ed in Europa, la sfida riformista contro gli euroscettici, contro i conservatori, contro le forze antidemocratiche che rischiano di affossare la civiltà europea, lo stato di diritto europeo ed il progetto stesso di Europa.

La storia del socialismo italiano, parte importante della storia della sinistra italiana assieme al partito comunista italiano ed alla sinistra democratico cristiana, è una storia di oltre un secolo, ha promosso i progetti cooperativi di fine ‘800, le rivendicazioni elettorali di inizio ‘900, la lotta contro il fascismo, la nascita della Repubblica e della Democrazia del secondo dopoguerra, le rivendicazioni sindacali e lo Statuto dei Lavoratori, le riforme della sanità e della scuola pubblica, i diritti civili e le battaglie referendarie, le riforme pre-blairiane degli anni ’80, la condivisione dei valori di libertà della NATO nel corso della Guerra Fredda a sostegno dei popoli oppressi dell’Est europa, il progetto dell’Ulivo.

Una grande storia che ha rischiato di finire nel biennio del ’92 assieme alla tragedia giudiziario – istituzionale della fine della Prima Repubblica.

Il PSI non si è estinto e con fatica coraggio e passione ha ripreso il suo cammino di giustizia sociale e libertà, su gambe nuove, affianco al Partito Democratico per riportare l’Italia a standard di vita europei, per produrre posti di lavoro, per fermare l’emigrazione dei giovani laureati e non che scappano dall’Italia a cercare lavori all’estero, per regolamentare le relazioni industriali in modo giusto consentendo ai lavoratori di partecipare alle imprese presso cui lavorano con sistemi di cogestione (Mitbestimmung), per ridare dignità alle tante partite iva con l’acqua alla gola, per tornare a credere nella meritocrazia, nelle capacità degli italiani, nel sud del paese e nello Stato.

Leonardo Scimmi
Coordinatore PSI Europa




Il Partito Democratico deve ripensare se stesso

Care iscritte e cari iscritti,

care e cari simpatizzanti,

l’esito delle elezioni regionali ci ha consegnato un’Italia più “rossa”. Su sette regioni al voto ne abbiamo conquistate 5. Abbiamo faticato in Umbria e Campania, abbiamo però perso la Liguria e siamo stati ampiamente sconfitti in Veneto. Il primo momento di una riflessione obiettiva e reale è quello del parlare un linguaggio di verità. Ci è stato più volte chiesto anche dalla Dirigenza Nazionale. Ed eccola qua, la verità: abbiamo vinto-quasi-quasi e al ballottaggio nei vari comuni, tra cui Arezzo e Venezia, abbiamo perso-molto-molto.

In Versilia, per esempio, dove siamo stati impegnati in una campagna elettorale molto forte il candidato del Centro Destra, sostenuto da Silvio Berlusconi in persona, Massimo Mallegni, ha strappato Pietrasanta al Centrosinistra. A Viareggio una candidatura che forse non era stata condivisa fino in fondo, ha fatto vincere un outsider, ex-PD, appoggiato da liste civiche.

Abbiamo perso Venezia dopo 22 anni di amministrazioni di Centro sinistra e così è accaduto anche a Chieti e ad Arezzo. In questo caso è chiaro. sconfitta.

In questo ultimo anno abbiamo sofferto una Politica troppo orientata ad annunci e slogan. Ci siamo abituati alle retoriche facili, senza guardare bene cosa accadeva nei territori. Abbiamo anche sofferto guerre intestine che hanno lacerato il nostro partito e causato, come al solito, una piccola scissione a sinistra. Qualcuno ha fatto una valutazione sbagliata del peso di questa “sinistra” e alle Regionali e alle Comunali ne abbiamo pagato le conseguenze. Sono oltre 2 milioni i voti persi in questa tornata elettorale per il PD. In alcune regioni non abbiamo raggiunto nemmeno il ballottaggio e in altre ci siamo affermati solo grazie al sostegno di una marea di liste del Presidente e/o liste civiche. Che personalmente non reputo essere direttamente connesse al PD, ma essere un insieme di persone che si possono anche riconoscere nelle idee di un centro-sinistra, ma che non si sono, evidentemente sentiti abbastanza parte del progetto PD per farne parte in una lista unica.

Su questo si è espresso Vassallo e io ho replicato in un qualche modo dalle pagine di Formiche.

Il Partito Democratico non ha possibilità di vincere, e vincere davvero bene, se non è unito. Non c’è modo di essere uniti se non c’è comunanza di valori e di obiettivi ossia se manca il senso d’appartenenza. In altre parole l’identità. E dire che c’è bisogno di identità non significa negare il cambiamento, ma indirizzarlo nella direzione che ci compete e ci si addice. C’è il pericolo di veder disperso un immenso patrimonio umano e politico a causa di contrapposizioni personali e di corrente.

Il Centro Destra non è scomparso, si è semmai ricompattato dietro alla figura di un leader forte come è Matteo Salvini e ha spostato i temi della questione politica su un terreno che io considero pericoloso.

La Dirigenza deve assumersi la responsabilità politica di questa situazione e deve anche prendere in mano il Partito. Riscoprire quel legame con i Circoli, con la militanza, che in questi ultimi anni è stato via via compromesso e sminuito. Dal 2013 ad oggi abbiamo perso oltre 170.000 iscritte/i e altrettanti potrebbero essere persi, specie ora che si sta costituendo un gruppo a sinistra che raccoglie molti delusi del PD e delle sue politiche attuali.

C’è un mondo di differenza tra cosa accade nel Palazzo, tra il gioco dei numeri e delle alleanze e quello che accade nel Paese reale. La gente si è stancata e ha disertato in modo grave le urne. Hanno rifiutato di esercitare un diritto e non hanno assolto a un obbligo civile. In questo scenario, non conta più chi vince e chi perde, con quali % o artifici statistici, perché è la democrazia che si è indebolita e se la democrazia si indebolisce, perché non siamo in grado di difenderla, rinnovarla, riattivarla, incorriamo in pericoli già conosciuti. La democrazia non è stata data una volta per sempre ed oggi, con le instabilità globali e i pericoli che ci minacciano, una società la cui cittadinanza è disaffezionata se non disgustata dalla Politica è il vero problema.

Dobbiamo ricostruire le relazioni dal basso. Riscoprire il senso di comunità politica e impegnarci davvero affinché il PD come progetto sia pienamente realizzato. Siamo ancora in attesa.

Federico Quadrelli

Segretario Circolo PD Berlino e Brandeburgo

 




Sull’unità e il futuro del Partito Democratico

Care amiche e cari amici,

in queste ore seguo con molta attenzione quanto sta accadendo a Roma. La discussione sulla riforma della legge elettorale ha preso un percorso inatteso, che preoccupa. Le tensioni interne al PD non possono essere ignorate.

La ragione per cui mi trovo a scrivere apertamente su questo tema è che siamo arrivati ad un momento molto delicato. Come Segretario di Circolo ascolto i disagi e le speranza di molte e molti iscritte/i e simpatizzanti, e proprio oggi ho ricevuto una email da parte di un iscritto che mi manifesta il suo forte disagio per la decisione da parte del Segretario e Premier Matteo Renzi, di sostituire 10 componenti PD nella Commissione Affari Costituzionali, poiché in disaccordo con l’impianto dell’Italicum. Mi chiede se è ancora possibile definire questo partito “democratico”. E lo dice da sostenitore di Matteo Renzi, non da appartenente alla minoranza PD. La cosa che mi rattrista maggiormente è che questo iscritto non intende rinnovare la sua tessera.

Questa vicenda mi ha fatto molto riflettere e come Segretario di Circolo ho una responsabilità diretta per le mie iscritte e i miei iscritti, per i simpatizzanti e le simpatizzanti che partecipano attivamente alla vita del nostro gruppo poiché riconoscono nel nostro modo di fare un qualche cosa di nuovo. Non a caso ci siamo dati regole precise, abbiamo approvato uno Statuto interno e abbiamo improntato la nostra azione politica all’ascolto attivo di chiunque voglia portare un contributo all’attività del gruppo. Questa era ed è la nostra concezione di politica. Per questo spero che le persone deluse da certe scelte politiche fatte a livello nazionale non perdano la fiducia in questo partito, nel nostro sforzo, seppur piccolo, e che rimangano con noi per poter portare avanti una vera battaglia di cambiamento, quello che fino ad oggi non c’è stato.

Ripensando a quanto è accaduto in questi ultimi anni sento il bisogno di dire, con molta onestà, che siamo arrivati ad un momento delicato per il Partito Democratico. Negarlo sarebbe ipocrita. Un momento delicato per la politica in generale, così affannata e incapace di essere credibile e che appare sempre più nociva agli occhi delle persone. Scandali, soprusi, opportunismi e tanta opacità hanno annebbiato lo sguardo di molti, hanno sporcato la fiducia che riponevano in questo partito e ci hanno rinchiuso in un recinto stretto. In quello spazio possiamo gridare tutta la nostra rabbia, ma se c’è un modo di cambiare le cose questo è solo nello stare insieme. Lo scrivevo mesi fa sulle vicende di Mafia Capitale ed oggi lo ripeto, seppur da un’angolazione differente.

Di sbagli ne abbiamo commessi tanti e continuiamo a farne: la minoranza attuale ne ha commessi molti quando era maggioranza, e per certi versi ha continuato a farne anche ora, nel suo ruolo di opposizione interna, spesso intransigente e allo stesso tempo poco comprensibile nei suoi improvvisi “dietrofront”; dall’altra parte la maggioranza attuale che cerca una rivalsa muscolare su questa minoranza e su ciò che ha rappresentato e tutt’ora rappresenta utilizzando anche alleanze trasversali ed esterne al partito stesso.

Quando si ha potere si ha anche responsabilità. Tanto più grande è il potere, tanto più grande sarà la responsabilità che tale persona, o gruppo, dovrà gestire. Non solo onori, ma anche tanti oneri. Nel documento che abbiamo redatto come Circolo PD Berlino sulla “forma partito” e il futuro del PD, abbiamo scritto che il ruolo della dirigenza di un gruppo politico deve essere in primis quello di “creare comunità“, ma non una massa indistinta di volti. No, una comunione di speranze, idee e valori che possano rappresentare un orizzonte comune, un qualche cosa verso cui tendere e che orienta il nostro agire politico. E per fare ciò, tra le altre cose, abbiamo scritto che deve essere in grado di “gestire il consenso non meno del dissenso“. Per non cadere nell’illusione di essere sufficienti a se stessi e di poter fare e disfare alleanze, accordi o progetti senza doverne poi rendere conto a nessuno. Abbiamo ribadito la centralità delle persone e delle loro idee, e questo pensiamo debba valere ad ogni livello.

La figura del Segretario è una figura che deve rappresentare l’unità del partito, deve essere una guida, poiché è questo il senso della leadership, ma è anche soggetta al giudizio imprescindibile dei propri seguaci. E tale leadership può essere più o meno duratura, fin tanto che è efficace e ha consenso, ma passerà come tante altre cose passano. Ciò che resta, invece, è una struttura e quella che chiamo casa. Sì, quello spazio che è stato creato per mettere insieme sensibilità diverse accomunate però da valori e obiettivi simili. Quella casa aveva il nome di Partito Democratico ed oggi viene da chiedersi se questa casa sia ancora capace di accogliere quelle sensibilità. E che tipo di futuro l’aspetta. Se ciò che c’è oggi è ciò che ci aspettavamo, se è peggio o meglio.

Molti hanno deciso di lasciare, e la mia speranza è che queste energie possano ritornare e non andare perse. Altri sono arrivati, certo, ma c’è da chiedersi se hanno davvero il diritto di starci in quella casa e soprattutto se la loro presenza è davvero una comunione nei nostri valori e nei nostri obiettivi o mero opportunismo. Penso, senza troppi giri di parole, alle giravolte in Parlamento e ai vari cambi di casacca. Altri rimangono, caparbiamente, e ogni giorno devono spiegare il perché di tale scelta, portando avanti un progetto che è lo stesso da tempo. Che lavorano silenziosamente per realizzare una Politica diversa.

Non mi sfuggono le criticità. Non mi sfugge che troppo spesso il protagonismo di pochi danneggia la fatica e il gran lavoro, silenzioso, costante, minuzioso e sincero, di tantissimi altri. No, non mi sfuggono queste cose come non sfuggono a tanti altri. Ma avverto la responsabilità di un ruolo, che mi impone non di restare in silenzio, ma di esprimermi, come la democrazia vuole. E nel momento in cui ho accettato questa responsabilità ho anche legato al mio operare la fiducia di molte altre persone. Per questo scrivo questa lettera.

Alla prova di forza, a cui cede chi si sente debole, deve essere sostituita la voglia di confrontarsi serenamente e difendere sempre, ad ogni costo, i valori che hanno fondato la casa in cui ci troviamo e che vogliamo portare avanti con impegno. Sono valori irrinunciabili che definiscono la nostra identità politica e culturale. Fino a quando possiamo esprimerci liberamente e lavorare insieme questa casa sarà ancora la nostra casa e quindi il partito sarà ancora democratico.

A ciascuno di noi spetta il compito di vigilare e di dare forma alle decisioni. Si tratta di un cambiamento di prospettiva o se vogliamo un ritorno a ciò che era inteso questo progetto politico: la partecipazione attiva delle cittadine e dei cittadini, delle democratiche e dei democratici alla vita politica del partito.

Spero quindi che al disappunto e alla delusione, che comprendo, possa seguire la voglia di esserci e di impegnarsi per dare un volto alle speranze e dar loro una sostanza. Abbiamo già delle mura solide, dobbiamo evitare di abbatterle dall’interno e proprio a noi spetta il compito di tenere questo spazio sempre aperto, accogliente e pulito. Un luogo in cui valga la pena essere e in cui venga voglia di entrare.

E naturalmente ognuno si assumerà la responsabilità che gli compete. Alcuni ne hanno un po’ di meno, altri un po’ di più. Noi, iscritte ed iscritti, elettrici ed elettori, faremo in modo che a tali responsabilità non sfugga nessuno. Il Partito Democratico siamo, anche o soprattutto, noi.

In fede

Federico Quadrelli

Segretario Circolo PD Berlino e Brandeburgo